L'energia del vento della Danimarca illuminerà le case francesi, mentre il sole del Sahara fornirà corrente ai paesi del Mediterraneo. Il sogno è antico, i piani di azione recenti. Dopo l'avvio di Desertech, anche i paesi del Nord Europa hanno deciso di mettersi insieme per un maxi-progetto che mira a condividere l'energia prodotta con il vento, l'acqua e il sole. Iniziative da centinaia di miliardi di euro che potrebbero garantire un salto di qualità per le rinnovabili, la cui maggior croce è la discontinuità. Le supergrid sono una risposta per i grossi impianti: reti di trasmissione sottomarine in corrente continua che consentono di utilizzare oltreconfine l'energia prodotta in eccesso dai campi eolici offshore scandinavi, le centrali idroelettriche del Belgio e i campi solari a concentrazione del Nord Africa. Parallelamente, si sviluppa un altro approccio che guarda alla microgenerazione. Anche qui, il futuro si gioca sull'implementazione delle reti elettriche. Si tratta delle smart grid, ovvero le reti di distribuzione intelligenti che renderanno bidirezionali i flussi di energia senza problemi di stabilità. Non solo: consentiranno all'utente e agli operatori di calibrare i consumi in maniera più efficiente grazie a nuove informazione ad alto tasso tecnologico.
Sul fronte delle supergrid «gli investimenti sono massicci e non ha senso, per gli operatori, concentrarsi solo sulle proprie reti - spiega Roberta Bigliani di Idc - ecco perchè hanno deciso di collaborare su progetti comuni». L'Italia, insieme alla Spagna, è assente dal progetto Nord europeo e non deve stupire più di tanto, visto che il nostro Paese non si affaccia sull'Atlantico. Le ragione geografiche non spiegano invece l'assenza da Desertech, dove invece Francia e Germania hanno scommesso in maniera più decisa, anche se nulla esclude un ingresso nelle prossime fasi. L'Italia si sta comunque muovendo: l'Enea, lo scorso giugno, ha raggiunto un'intesa con l'Egitto per esportare il solare termodinamico «made in Italy» e creare una collaborazione su più livelli. Poche settimane prima, verso la fine d'aprile, il nostro governo ha siglato un accordo con la Tunisia mirato a una piattaforma tecnologica comune per le rinnovabili nel Nord-Africa che si tradurrà in un cavo sottomarino che dal 2015 trasporterà energia da gas-carbone e rinnovabili.
Quanto alle smart grid, «attualmente le reti a media e bassa tensione danno pochissime informazioni». Lo sviluppo passa proprio dalla possibilità «di rendere bidirezionali i flussi di energia senza problemi di bilanciamento ma anche aumentare la sensoristica e dunque le informazioni in fase di generazione e consumo» continua Bigliani. Le previsioni di investimenti tecnologici sono enormi: secondo Idc in Europa si spenderanno 6,8 miliardi di dollari nel 2010, mentre nel 2013 saranno 11,5. Questo mentre gli Stati Uniti, partiti dopo, con la spinta di Obama dovrebbero mettere sul piatto 13 miliardi quest'anno e 17 nel 2013. L'Italia, su questo campo, è all'avanguardia grazie ai 32 milioni di contatori elettrici di Enel. La utility sta portando avanti il progetto Address, co-finanziato dalla Comunità Europea, nell'ambito del Settimo programma quadro, per lo sviluppo delle reti interattive di distribuzione dell'energia e in Italia ha dato il via ad una sperimentazione con Telecom, Electrolux e Indesit per la casa intelligente. Lo sviluppo tecnologico delle reti si sposa con le caratteristiche geografiche del nostro Paese, che - insieme ad alcuni lacciuoli burocratici, come nel caso dell'eolico offshore - al momento sembrano rendere più percorribile la strada della generazione distribuita piuttosto che quella delle grandi centrali.
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